In questi giorni molte sono state le manifestazioni pro-Palestina; l’opinione pubblica è fortemente scossa dai bombardamenti israeliani su Gaza e dall’alto numero delle morti civili tra la popolazione palestinese. E’ chiaro che, ad una prima lettura, una qualsiasi persona esterna al conflitto che abbia un minimo di cuore empatizzi con i due milioni di civili di Gaza costretti ad una situazione umanitaria disastrosa. Io stesso provo profondo dispiacere a vedere certe scene di morte e distruzione. Da qui la domanda sorge spontanea: perché non fermare adesso i bombardamenti? Perché non chiedere con forza il cessate il fuoco? La ragione è una sola: Hamas ha il controllo militare e civile della striscia di Gaza. Il 7 ottobre sono state compiute delle brutalità da questa organizzazione terroristica verso i civili israeliani che non sto qui a ripetere. Israele ha quindi valutato che non può continuare ad avere accanto un nemico così pericoloso per la sua sicurezza e si sta muovendo per infliggere a quest’ultimo più danni possibili. Vale la pena precisare che questa non è solamente la posizione di Netanyahu o di qualche partito di estrema destra che è attualmente al governo, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica israeliana è della stessa idea. Leggevo addirittura sul quotidiano di sinistra israeliano Haaretz, da sempre estremamente critico verso Netanyahu e verso la politica degli insediamenti(utilizzando esplicitamente la parola occupazione in molti casi), quanto segue:” Dopo la sconfitta del 7 ottobre, un paese che vuole vivere non può permettersi di subire ancora una volta pressioni da parte dell’organizzazione terroristica che lo ha attaccato. Eliminare la minaccia dal Sud(ovvero Hamas N.d.r) e inviare così un messaggio al Nord (ad Hezbollah N.d.r) sono giustificazioni quasi esistenziali”(1). Israele ha quindi individuato la sua priorità: Hamas non può rimanere indisturbato nella striscia di Gaza. E’ necessario anche qui precisare che nessun governo israeliano, al contrario di quanto avviene in Cisgiordania, ha mire espansionistiche verso la striscia di Gaza, vista semplicemente come una patata bollente da gestire in qualche modo. Da qui la decisione di bombardare massicciamente la striscia, al fine di indebolire la capacità bellica del nemico e quindi il suo potenziale offensivo. E’ chiaro che però le conseguenze umanitarie sono enormi; ciò accade in quanto è Hamas stessa ad utilizzare la popolazione civile come scudo umano, mettendo i depositi di armi e razzi sotto le scuole e gli ospedali, costringendo la popolazione a non lasciare le proprie case e mettendo le rampe di lancio dei razzi sopra abitazioni civili. Inoltre Gaza è uno dei territori più densamente popolati della terra; distinguere quindi un obiettivo civile ed uno militare è una impresa assai ardua(da qui la sfilza di violazioni del diritto internazionale da sempre citate dai sostenitori della causa palestinese). Israele però ha deciso che non può, e non deve, fermarsi di fronte a queste problematiche e deve fare del suo meglio per attaccare Hamas e minimizzare le vittime civili. Israele sa benissimo che la campagna che sta portando avanti potrebbe non essere la soluzione ottimale al problema, e sa anche che ci sta andando giù pesante, ma non vede al momento alternative valide. Un’ulteriore precisazione: Israele non ha nessuna volontà di fare un morto civile in più di quanto necessario perché sa benissimo che ha gli occhi del mondo puntati su di se ed ogni passo falso significa perdere parte dell’appoggio internazionale(oltre che rischiare un allargamento spaventoso del conflitto).

Egypt’s United Nations Ambassador Osama Abdel Khalek address the United Nations General Assembly on Friday, Oct. 27, 2023 at UN headquarters. (AP Photo/Bebeto Matthews)
Questo è infatti il gioco di Hamas, far vedere che Israele è il mostro che uccide indiscriminatamente i civili di Gaza e di conseguenza bisogna fare di tutto per distruggere lo stato terrorista ebraico. Tale obiettivo di Hamas, esattamente come l’attacco del 7 ottobre, non ha nulla a che fare con la causa palestinese o con la politica degli insediamenti, da molti definita come occupazione. Basti pensare che Hamas è stata una delle motivazioni principali del fallimento degli accordi di pace di Oslo del 1993 tra gli israeliani ed i palestinesi: In una prospettiva di creazione dello stato palestinese e di una futura convivenza pacifica tra i due popoli, Hamas ha ritenuto necessario fare di tutto per fermare gli accordi, eseguendo attentati terroristici su territorio israeliano così da riaccendere l’odio tra le due parti.
Se quindi si vuole risolvere, almeno temporaneamente, la situazione disastrosa di Gaza bisogna tenere a mente due principi:
- Dare più supporto possibile alla popolazione civile di Gaza
- Togliere ad Hamas il controllo civile e militare della striscia
Il primo principio mi sembra ovvio e non richiede ulteriori commenti. Il secondo corrisponde in primis alle necessità di sicurezza dello stato ebraico, ma è anche fondamentale se si vuole permettere la costruzione di una qualche società palestinese che sia in grado di poter crescere e vivere in pace con gli israeliani. Sulla base di quanto esposto si può adesso capire come la risoluzione approvata dall’ONU non sia minimamente una soluzione a quanto sta accadendo in questi giorni. Nella risoluzione approvata il 26/10/2023 si chiede infatti “una immediata, durevole ed estesa tregua umanitaria”(2). Ciò è chiaro che risolverebbe completamente il primo punto precedentemente esposto, ma non verrebbe minimamente tenuto in considerazione il secondo. Hamas, durante una “durevole ed estesa tregua umanitaria” avrebbe tutto il tempo per riarmarsi e riprendere la sua offensiva contro Israele. Oltre questo nella risoluzione Hamas non viene citato neanche una volta, non riconoscendo che a minare la sicurezza dei palestinesi stessi non sono solo le bombe israeliane ma anche la presenza ed il comando militare di Hamas della striscia. Se anche i bombardamenti israeliani si fermassero domani Hamas, dopo essersi riarmato, riprenderebbe le ostilità contro Israele e trascinerebbe i civili di Gaza in una nuova guerra. E’ giusto che L’ONU richieda un immediato cessate il fuoco, ma deve oltre questo garantire, nella risoluzione, che verrà affrontato il problema della presenza massiccia di Hamas nella striscia. Hamas invece, ripeto, non viene citato neanche una volta nella risoluzione. Tutto ciò è quindi indice del fatto che non si ha la volontà di risolvere il problema, bensì si vuole solamente fare un appello alla comunità internazionale per una problematica tanto urgente quanto scontata, senza affrontare il secondo punto (ovvero la presenza di Hamas nella striscia) ben più complesso e difficile da gestire. E’ quindi chiaro che Israele, di fronte a tale appello, si rifiuti di sacrificare la propria sicurezza, dopo quanto accaduto il 7 ottobre, al fine di concedere una sostenuta ed indefinita tregua umanitaria. Se l’ONU volesse veramente risolvere il problema dovrebbe prendere in considerazione entrambi i punti precedentemente esposti e dare una valida alternativa all’offensiva israeliana. Si potrebbe per esempio pensare (è assolutamente molto probabile che io stesso dica delle bestialità inattuabili) che in questa fase sia l’ONU stesso, con 100.000 caschi blu, ad occupare militarmente la striscia, al fine di garantire la sicurezza di Israele e degli stessi palestinesi. Probabilmente Hamas non cederebbe all’ONU la striscia ma è chiaro che se si vuole risolvere il problema di Gaza bisogna togliere il controllo civile e militare che Hamas esercita su quest’ultima. E’ chiaro anche che sconfiggendo Hamas non si sconfigge l’ideologia dietro Hamas, vero nemico della stabilità e della pace, ma in questa fase mi sembra imprescindibile che, quantomeno, Gaza non sia completamente governata da questa organizzazione terroristica. Se nessun attore internazionale propone un’alternativa valida all’offensiva israeliana, lo stato ebraico è costretto a continuare con le sue azioni militari. Chiedere quindi un cessate il fuoco indefinito significa di sicuro avere un buon cuore, ma significa anche non avere un senso di realtà, non capendo la reale situazione di Gaza e le necessità legittime di tutti gli attori in gioco.
Autore: Michael Di Porto
- Raviv Drucker, Israel’s Worst of All Worlds Scenario in the War Against Hamas, Haaretz, 30/10/2023.
- Risoluzione ONU 26/10/2023.